La nuova scoperta del 2009
Il 1 ottobre del 2009 esce quest’articolo intitolato “Follia e Genialità” proveniente dall’Università di Semmelweis in Ungheria: “è’ ufficiale, esiste davvero una linea sottile che separa la follia dalla genialità, le persone particolarmente creative hanno un gene in comune alle persone folli. Il gene in questione sarebbe collegato alla psicosi e alla depressione”. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori della Semmelweis University (Ungheria), in uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Science. Secondo gli studiosi, il gene identificato potrebbe spiegare perchè persone geniali come Vincent van Gogh e Sylvia Plath avevano tendenze distruttive. Il gene, chiamato neuregulina-1, ha un ruolo nello sviluppo del cervello, ma una sua variante può essere associata a malattie mentali come la schizofrenia e il disturbo bipolare.
Il mito dell’artista dalla mente tormentata continua ad essere ben radicato nella nostra cultura. D’altra parte, la lista di artisti di ieri e di oggi affetti da una delle tante possibili malattie mentali è lunga. Infatti, gli sforzi degli esperti per cercare di ridimensionare lo stereotipo secondo cui ogni artista debba essere per forza un pò matto e viceversa, finora non sono serviti a molto. La realtà della malattia è molto triste e lontana dalle glorie del mondo. Non so se sia un sollievo o meno sapere che la follia e l’arte sono collegati e dipendono da uno stesso gene. Problemi di natura etica potrebbero sorgere nel caso di manipolazioni genetiche. Che mondo sarebbe un mondo senza follia e il frutto positivo che essa può regalarci.
Vorrei citare un libro di grande importanza a riguardo della follia e del disturbo Maniaco Depressivo. E’ “toccato dal fuoco” di Kay Jamison Redfield, una psichiatra americana, lei stessa affetta da disturbo bipolare. Questo disturbo è anche chiamato disturbo maniaco-depressivo. Ho ripreso il suo titolo “Toccato dal fuoco” per la mia prima mostra personale a Milano. Infatti il fuoco è l’elemento più rappresentativo dell’ardore dell’artista. La parola fuoco è stata ripresa da Jules Leclercq, artista di cui parleremo in seguito, ricoverato in un manicomio, che amava definirsi “donatore di fuoco”. Il fuoco è l’immagine simbolica dell’arte per eccellenza, è l’espressione della creatività. Arthur Rimbaud chiamava il poeta “ladro di fuoco” o voleur de feu. Kay Jamison Redfield descrive la sofferenza e la creatività nella follia e in tutte le esperienze dissonanti di malinconia e di morte volontaria, usando con rispetto e fragilità delle parole per descriverle senza cancellarle nel silenzio, senza negarle alla luce possibile.
E’ importante sottolineare che non tutti i pazzi sono artisti ma spesso gli artisti soffrono di malattie mentali. La maggior parte degli artisti hanno mostrato segni di instabilità emotiva prima ancora di intraprendere la loro attività pittorica e inoltre si può trovare nelle loro famiglie un’alta percentuale di disturbi dell’umore e di comportamenti suicidi. Le malattie mentali, oltre a derivazioni di ordine biologico, derivano spesso da disturbi della sfera affettiva. Nelle persone bipolari, con estro artistico, si alternano momenti di stravaganti bizzarrie, entusiasmi sfrenati, a momenti di profonda depressione, con deliri, psicosi e allucinazioni. Nella maggioranza degli individui di solito le variazioni dell’energia vitale e dell’umore non disturbano l’equilibrio psichico, perché il cervello dispone di complessi sistemi regolatori, ma in alcune persone tali sistemi regolatori sono, probabilmente, meno efficienti e le oscillazioni sono così intense da determinare depressioni. Anche il fatto che la vita sia diventata più intensa, spesso frenetica e con innumerevoli stimoli di ogni genere, contribuisce ad eccitare e esaurire il sistema nervoso rendendo più facili i suoi scompensi, almeno nelle persone predisposte. Certo la vita oggi è più agiata, almeno nel mondo occidentale, ma è diventata anche più ansiogena perché più competitiva. Fin dall’infanzia, scuola ed esami, concorsi, ricerca del lavoro e ricerca del successo. Nel passato, almeno per le grandi masse, c’era poco per cui competere. Forse esistono ragioni profonde che spiegano il grande ritardo della psichiatria nel comprendere e diagnosticare tempestivamente la malattia Maniaco Depressiva. A guardare bene questo disturbo, sembra che appartenga alla medicina ipocratica ed al mondo precristiano per i suoi intimi rapporti con il temperamento, il sole, la luna, le stagioni, il clima, le età della vita, il sonno e le sostanze assunte. La nostra visione giudaico-cristiana ha allontanato la visione dell’essere umano da questo stretto rapporto con la natura. La nostra percezione del tempo, inoltre, non è più ciclica, come la malattia bipolare, ma lineare.
Si potrebbe dire metaforicamente che la mania è il fuoco e la depressione la sua cenere. Bisogna ricordarsi che la patologia nell’artista non diminuisce la sua grandezza, dal momento che non è certo l’origine della sua creatività. E’ soltanto una sensibilità affinata in più. Un pizzico di follia e di disordine sono parte integrante del temperamento artistico. Gli artisti al contrario delle persone “equilibrate”, sono semplicemente più sensibili alla vita e alle sue traversie. Sono in tanti a non riconoscere le manifestazioni più blande della malattia o a non sapere che la maggior parte degli individui che soffrono di disturbi maniaco-depressivi, sono in realtà, asintomatici, cioè psicologicamente “normali” per la maggior parte del tempo.
L’affezione mentale è il deiettore che scuote ciò che l’esperienza sedimenta, mentre la “normalità” ha tendenza a banalizzare la vita e impedisce alla vita di darsi le sue proprie possibilità. La maggior parte delle persone, anche quelle che hanno acquisito una buona competenza psicologica o medica, tende a immaginare certi reparti dei manicomi, oppure una malattia mentale irreversibile e trae la conclusione che nessun lavoro creativo ricco di significativo o continuativo può aver luogo in circostanze del genere.
Oggi posso dirvi qual’è la differenza tra tristezza e depressione. La tristezza vi lascia un ventaglio di emozioni per reagire al disagio, la rabbia, l’odio, la vendetta, la programmazione di un viaggio per scappare, far telefonate o scrivere lettere, sposare una causa, ricercare amici, cambiare vita, disperarsi, gridare. Mentre nel male fisico sai determinare un punto preciso del tuo corpo sofferente. Nella depressione è la vastità del male e l’inconsistenza focale della sofferenza. La depressione prende in modo globale e invade tutta la tua persona. Il pianto della depressione è l’eco della morte, senza tempo nè spazio. La depressione viene senza ragione e ti soffoca senza via di uscita. E’ vero che alcune persone toccate da un lutto, da una malattia o che devono affrontare una separazione sono spesso depresse ma è diverso, è un passaggio obbligato in un certo senso. Nella depressione esogena non esistono emozioni risolutive. La depressione non ti fa questo regalo. L’essere umano sano ama la vita. La depressione è una malattia ed è priva di tempo di spazio e di volontà. A me basta alzarmi la mattina ed avere un programma per essere felice.
La follia o la psicosi rappresentano solo un estremo del continuum maniaco depressivo. La maggior parte di coloro che soffrono di questa malattia in effetti vivono normalmente anche se ciò non toglie il dolore. La malattia bipolare o maniaco depressiva è la più complicata psicologicamente parlando, ma è anche la più umana nella ricchezza che riesce a dare nell’arte e nella sofferenza che il malato subisce. E’ la più umorale di tutte le malattie. Quando si è in depressione è impossibile capire come gli altri possano godere delle cose più insignificanti. Quando si esce da uno stato di depressione, solo il respirare, il sentire l’aria fresca che entra nelle narici è fonte di godimento estremo. La fase maniacale si può invece paragonare ad un terremoto che riporterebbe alla superficie della persona delle energie nuove, dei preziosi fossili mai scoperti prima. La lucidità non è incompatibile con occasionali episodi di follia. Bisogna abituarsi a considerare la malattia maniaco espressiva come qualsiasi altra malattia, diabete, o ipertensione, nelle quali periodi di buona salute fisica si alternano con crisi e ri-acutizazzioni della malattia. E’ una malattia fatta anche di agitata allegria, di malinconia e di umori tumultuosi ed è molto vicina al temperamento artistico e all’immaginazione creativa. Nel bipolarismo non grave si parla di “bella follia”. Bisogna ricordare però che comporta un bagaglio pesante di sofferenze. Il disturbo bipolare porta in sè un grandissimo potenziale di creatività.
Il genio poetico o artistico, quando viene invaso da umori capricciosi, incostanti, tempestosi, può diventare un potente orologio per l’immaginazione e l’esperienza. E’ una condizione che fa parte dell’essere umano e non è solo patologica. L’idea di rigorosi criteri diagnostici della psichiatria in ambito artistico è inaccettabile. Sono molti a riconoscere le manifestazioni più blande e temperamentali della malattia o a non sapere che la maggior parte degli individui che soffrono di disturbi maniaco depressivi sono, in realtà, asintomatici per la maggior parte del tempo. La maggior parte di quelli che hanno questo disturbo non diventano mai pazzi.
E’ la malattia mentale la più complicata psicologicamente. Sono soprattutto due i tratti che prevalgono sia nel pensiero creativo, sia in quello ipomaniacale: la scorrevolezza, la rapidità e la flessibilità da una parte e la capacità di combinare idee o categorie per formare nuove connessioni dall’altra. Sono elementi essenziali. L’importanza di un pensiero rapido scorrevole e flessibile per il processo reattivo è stata descritta dalla maggior parte degli psicologi e studiosi dell’immaginazione umana.
Molti artisti e scrittori credono che il tumulto, la sofferenza e gli stati estremi di esperienza emotiva facciano parte integrante non solo della condizione umana, ma anche delle loro capacità in quanto artisti. Temono che un trattamento psichiatrico possa trasformarli in anime equilibrate, spente o renderli incapaci di scrivere, dipingere, comporre, o con poca motivazione. Questi timori si sono fatti assai più intensi da quando è divenuta disponibile un’ampia gamma di farmaci efficaci stabilizzatori dell’umore. Alcune preoccupazioni sono il frutto di disinformazione e sono anche fondate su una concezione romantica della follia o della psicopatologia, un concetto che non tiene conto della gravità e delle conseguenze di questa malattia.
A mio giudizio, e lo vorrei sottolineare con forza, i sali di litio sono per il malato bipolare come la rete per l’equilibrista. Una protezione vitale e personalmente non ho risentito un indebolimento della mia vena creativa. Gli psichiatri sono sempre disponibili a rivedere il dosaggio dei medicinali e dare un sostegno se uno si sente troppo inibito.